Stefano Scrima (www.stefanoscrima.com) si è laureato in Scienze Filosofiche a Bologna. Ha studiato e vissuto tra Bologna, Barcellona e Madrid e attualmente vive e lavora a Roma. Ha scritto Esistere! Gide, Sartre e Camus (Diogene Multimedia 2015), Non voglio morire. Miguel de Unamuno (Diogene Mutlimedia 2015), Nauseati (Stampa Alternativa 2016), Il filosofo pigro. Imparare la filosofia senza fatica (Il Melangolo, 2017).
CONTATTI
Maurizio Ferraris
L'IMBECILLITÀ È UNA COSA SERIA
Bologna: Il Mulino, 2016.
pp. 129, € 12
ISBN 9788815266361
«Perché mai l’uomo dovrebbe nascere libero? E come si spiega che alla nascita libera faccia sistematicamente seguito una esistenza incatenata? È chiaramente vero il contrario: l’uomo nasce schiavo, debole, insufficiente e dipendente, sottomesso e imperfetto: in una parola, nasce imbecille» (p. 32). Questa volta Maurizio Ferraris si addentra in quell’universo nero, l’imbecillità, per cui nessuno ha occhi, se non nel momento in cui diventa necessario insultare qualcuno che di solito ricambia allo stesso modo, con le stesse acritiche argomentazioni. L’imbecillità è un tabu della nostra società avanzata, e quindi sempre più intelligente, eppure a ben vedere rimane la sostanza di cui siamo fatti. Per questo, come recita il titolo, l’imbecillità è una cosa seria, e far finta che non sia poi così diffusa è proprio da imbecilli, quali siamo.
Michel Onfray
NIETZSCHE E LA COSTRUZIONE DEL SUPERUOMO
Milano: Ponte alle grazie, 2014
pp. 320, € 26.00
isbn 978 88 6220 741 6
«In questo secolo della morte di Dio, e in un certo senso della morte dell’Uomo, due crimini compiuti il primo nel 1841, con L’essenza del cristianesimo di Feuerbach, il secondo nel 1859, con L’origine delle specie, all’individuo, che deve dunque costruire a partire dal reale e non più da finzioni, favole o miti ebraico-cristiani, non resta granché» (p.9). Il campo è libero, l’individuo può sognare grandi cose senza dover rendere conto a nessuno, nasce così l’idea (o forse la necessità) del superuomo, prospettiva di sé che si inquadra in una morale umana che può fare a meno della trascendenza e dell’ideale ascetico.
Il buono, il brutto, il cattivo ovvero Camus, Sartre, Onfray
(Commento a L’ordine libertario. Vita filosofica di Albert Camus di Michel Onfray).
Ora, non ho sottomano i documenti, ma mi fido di Michel Onfray: Jean-Paul Sartre scrisse non una ma ben tre volte sul giornale collaborazionista Comœdia; non evase, come vorrebbe Simone de Beauvoir, dalla sua prigionia tedesca, ma venne liberato ufficialmente grazie all’intervento di Drieu de la Rochelle o ai suoi «buoni e leali servigi della sua animazione culturale nel campo» (p. 208); pensava che il collega Albert Camus sbagliasse nel suo pacifismo radicale e che non comprendesse appieno la delicata situazione internazionale, che quando parlava di filosofia non sapeva bene di cosa stesse parlando e inoltre che non schierandosi coi comunisti e con gli algerini fosse di destra, reazionario e colonialista; era brutto – per questo bastano le foto –, borghese e quindi deprecabile, figlio di Parigi e quindi dell’Inferno.
Jean-François Lyotard
PERCHÉ LA FILOSOFIA È NECESSARIA
Milano, Raffaello Cortina Editorie, 2013
pp. 78, € 9,50
ISBN: 978-88-6030-586-2
“Perché la filosofia è necessaria?”, “perché filosofare?”, si chiede Jean-François Lyotard (1924-1998) in queste quattro conferenze tenute agli studenti di Propedeutica filosofica della Sorbona alla fine nel 1964. La risposta non è: “per capire com’è fatto il mondo, per aspirare alla sapienza o a uno stile di vita sano”, ma “perché è impossibile non farlo”.
Simone Fermi Berto
DIO ESISTE, ME L’HA DETTO KANT
San Paolo, 2013
«Come ci mostra Talete, la ricerca sull’esistenza di Dio è connaturata all’esistenza stessa dell’uomo: nessuna filosofia potrà mai esaurire il mistero di Dio, dirne tutta la bellezza e la profondità, ma non per questo la ragione deve rinunciare a riflettere sull’esistenza di Dio» (p. 8). Così scrive l’autore di Dio esiste, me l’ha detto Kant per giustificare un libro apparentemente ingiustificabile, se non per quel suo carattere storico che incontrerà sempre il beneplacito di qualche lettore appassionato – noi per primi. Leggendo quest’opera, chi non crede in Dio, non cambierà certo idea. Non è ripercorrendo le idee dei filosofi su Dio che si minano le ragioni della libera ragione. Ma prendiamola come occasione per un buon ripasso.
a cura di Stefano Scrima
Maurizio Ferraris è ordinario di Filosofia teoretica all’Università di Torino, dove dirige il LabOnt (Laboratorio di ontologia). È editorialista di “la Repubblica”, direttore della “Rivista di Estetica”, visiting professor in numerose università europee e americane e conduce con Mario De Caro il programma televisivo "Zettel. Filosofia in movimento", sul canale 146 del digitale terrestre. Il suo ultimo libro è il Manifesto del nuovo realismo (Laterza 2012, Premio Capalbio)
Maurizio Ferraris
(a cura di) F. Visconti e R. Capozzi
LASCIAR TRACCE: DOCUMENTALITÀ E ARCHITETTURA
Mimesis, 2012
Quando accettai di stabilirmi qui e pagar l’affitto per queste quattro mura, non mi soffermai troppo sulla bellezza suscitatami dall’edificio, né dall’arredamento interno (quasi inesistente): funziona tutto? Sì. Ci sono buchi nel soffitto? Cadaveri occultati? No. Ok, la prendo. Mi serviva un posto per dormire, che fosse comodo e vicino al supermercato: funzionalità vinse bellezza, ma poi, in realtà, fu tutto un lavoro interiore, inconscio, che non saprei spiegare: se ti trovi a tuo agio in un luogo lo senti e basta. Eppure dietro a queste gelide mura ci sono studi, progetti e pensieri – un po’ come quando leggi Ibsen e ti accorgi che dietro c’è Kierkegaard… no, non è proprio così. Ma dietro ogni edificio sì, c’è sempre un architetto che lo ha progettato, che, prima di divertirsi con calce e mattoni (o guardare gli altri che si divertono), se lo costruisce in testa, sul taccuino, sul computer.
Maurizio Ferraris
MANIFESTO DEL NUOVO REALISMO
Laterza, 2012
Che dal legno storto di cui è fatto l’uomo non possa costruirsi niente di perfettamente dritto è ormai pacifico. La storia c’inganna, alimenta e puntualmente disillude le speranze d’un progresso morale dell’umanità; mentre Benedetto XVI tuona indefesso il potere salvifico della preghiera, sull’Italia post-berlusconiana (sarà davvero così?) grava una maledizione: debiti pubblici alle stelle, politici ladri e corrotti – destra e sinistra si litigano il primato –, diamanti, lingotti, lauree cadute dal cielo, calcio-scommesse, gossip e reality colorano la nostra fosca quotidianità. Il malcontento cresce – e anche i suicidi a detta dei telegiornali, gli stessi che trenta secondi più tardi mandano in onda servizi sulla pancia della moglie di Alberto II di Monaco nella speranza di una miracolosa gravidanza – e si suole dire, ingenuamente: “non ci sono più valori”; ma per lo stesso motivo di prima – la storia c’inganna – sarebbe bene ricordare ai nostri compatrioti che il vizio italico di non pagare le tasse, di cui solo oggi il paese sembra essere affetto, non è certo un caso isolato della nostra breve storia repubblicana, per non parlare del cosiddetto familismo. La rivoluzione informatica ha infinitamente ridotto le distanze di questo già piccolo pianeta; la differenza è qui: oggi lo scandalo rimane al buio a fatica.
Alain Badiou
Il risveglio della Storia. Filosofia delle nuove rivolte mondiali
Ponte alle Grazie, 2012
Naufraghi della “modernizzazione” non abbaiamo altra scelta che costruirci da noi la nostra zattera anti-squalo;
sempre che si voglia sopravvivere, chiaro.
In mare aperto, con poche assi di legno marcio, manteniamo l’equilibrio sul filo dell’acqua.
Che se fosse solo un filo
lo spezzeremmo con un dito.
È amarezza quella di Badiou. Si parla sempre di “modernizzazione”, che il mondo si evolve e con esso il nostro spirito, o meglio, è quest’ultimo a doversi adeguare al cambiamento, pena una vita fuori moda, “inadeguata” – appunto – alle nuove condizioni di sviluppo economico-spirituale, e questo nella migliore delle ipotesi, oppure misera e arrancante nella peggiore.
*RIFLESSIONE SU NON SIAMO MAI STATI MODERNI DI BRUNO LATOUR
«Chi ha trascurato di studiare empiricamente le scienze, le tecniche, il diritto, la politica, l’economia, la religione, la narrativa, ha perso le tracce dell’essere sparso in ogni dove tra gli enti. Se, disprezzando l’empiria, vi ritirate dalle scienze esatte, poi dalle scienze umane, poi dalla filosofia tradizionale, poi dalle scienze del linguaggio e vi ripiegate su voi stessi, nella vostra foresta, allora sì che sentirete una tragica mancanza.» (p.88)
Accorgersi d’aver “dimenticato l’essere” non può rimanere un’accensione lirica heideggeriana, è invece un sentimento dirompente, di un’attualità che si fa drammatica; l’afflato di una piccola minoranza occidentale. Che il vivere necessiti l’esser vivi non lo metterebbe in dubbio nemmeno un bambino, ma che nel vivere si possano smarrire i tratti dell’esistenza non è altrettanto banale. Dimenticare non è eliminare, chi l’ha mai detto? È agire in una sospensione di giudizio, o possedere idee distorte dei movimenti.
Jürgen Habermas
QUESTA EUROPA È IN CRISI
Laterza, 2012
A leggere il nuovo “libello” del «maggiore filosofo tedesco vivente» (terza di copertina) sembra che Kant non sia mai passato di moda.
Due i pilastri della raccolta di articoli, che va sotto il nome di Questa Europa è in crisi, proposta al pubblico italiano da Laterza:
1) la dignità umana, verso il cosiddetto “regno dei fini” kantiano: agisci in modo da trattare l’uomo, in te come negli altri, sempre anche come fine, non mai solo come mezzo (Critica della ragion pratica);
2) e l’abolizione universale della violenza, il che riecheggia non poco l’ottimistico Per la pace perpetua del filosofo di Königsberg.
Maurizio Ferraris
BABBO NATALE, GESÙ ADULTO. In cosa crede chi crede
(Bompiani 2006)*
Alla sera del dodici dicembre ero solito posare sull’uscio di casa una carota accompagnata da una tazza di latte. Sapevo che la mattina seguente avrei ritrovato l’ingresso deserto: era passato l’asinello di Santa Lucia; mentre la padrona disponeva sul divano i miei meritati regali, la tenera bestiola avrebbe fatto una delle tante colazioni di quella lunga nottata passata in giro per il mondo. Mai mi son chiesto perché non ritrovassi nemmeno la tazza vuota, ma una volta entrato in possesso dei doni niente era più importante.
Fernando Savater
TAUROETICA
Laterza, 2012
Dica la verità, non trova che l’amo è più subdolo
e perversamente barbaro dell’espadrilla?
Raymond Queneau, I fiori blu
Qual è il fondamento dell’etica? La possibilità di agir bene o male, secondo o contro natura: è la libertà. Perché noi siamo liberi di non ascoltare i nostri bisogni primari – e che cosa sarebbero i precetti religiosi se non tentativi di strappar l’uomo al suo suolo? –, di capitalizzar l’esperienza per l’azione, di vivere per noi o sacrificarci per gli altri. I codici etici storicamente formatisi nelle associazioni umane regolano i rapporti tra esseri razionali in perenne “lotta” con istinto e sentimento. E gli animali? Sono liberi? «Sono esseri umani allo stesso modo in cui gli esseri umani sono animali?» (p. 12) Oppure seguono quella cieca necessità che fa loro correre – come nel caso della leonessa – cento metri in quattro secondi, aggiudicarsi una zebra che voleva solo bere un po’ d’acqua, chiamare il branco famelico per completar l’opera, e infine rimettersi a dormire al riparo d’un albero che duella col sole (anch’esso cieco) della savana?
Armando Massarenti
PERCHÉ PAGARE LE TANGENTI È RAZIONALE MA NON VI CONVIENE
Guanda, 2012
«1. I cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi; 2. Non c’è una definizione di fesso. Però: se uno paga il biglietto intero in ferrovia; non entra gratis a teatro; non ha un commendatore zio, amico della moglie e potente sulla magistratura, nella pubblica istruzione ecc.; non è massone o gesuita; dichiara all’agente delle imposte il suo vero reddito; mantiene la parola data anche a costo di perderci, eccetera: questi è un fesso»; e questo il Paese descritto dal Codice della vita italiana (1921) di Giuseppe Prezzolini, non così differente dalla visione che oggi, a Ventunesimo secolo inoltrato, abbiamo di noi stessi. Noi, gelosi e vergognosi (quando riguarda gli altri) dell’invincibile vizio dell’italianità, non ci smentiamo mai. Armando Massarenti ne è a tal punto consapevole da farlo spesso trapelare nel suo recente libretto Perché pagare le tangenti è razionale ma non vi conviene: non l’ennesimo pharmacon indigesto, bensì l’accurata disanima dei mali inquinanti le acque (già nere d’industria) della fiducia reciproca, flebile ma essenziale collante della società.
Maurizio Ferraris
IL TUNNEL DELLE MULTE. Ontologia degli oggetti quotidiani
Einaudi, 2008
«Chi ci dètte la spugna per strusciar via l’intero orizzonte?» Morto Dio il caffè non cambia sapore e – fatto inspiegabile – costa sempre cinque centesimi in più di quelli che ho in tasca.
1) Perché se il Dio dell’universo d’improvviso vien a mancare, noi, invece, siamo condannati all’“eterno ritorno” della canzone dei Nomadi? Non era meglio l’Inferno?
2) «Tutto è permesso». Davvero? Ora me lo segno.
Maurizio Ferraris
ANIMA E iPAD
Guanda, 2011
Mi specchio nell’iPad spento, poi alzo gl’occhi e cerco di scorgermi nelle pupille del mio interlocutore per aggiustarmi l’acconciatura; non so dove sia meglio. Un momento di distrazione e m’accorgo che la sua espressione mi sta parlando, e i muscoli facciali lo aiutano. Il Socrate di Senofonte lo aveva detto – ancor prima che le canzoni e le osterie ne ottenessero i diritti –: gli occhi sono lo specchio dell’anima; più che lo specchio direi l’involucro considerato che in questi, salvo la mia miniatura, non ci vedo proprio niente («“pupilla” è un diminutivo di “pupula”, a sua volta diminutivo di “pupa”, “bambola”») (p. 21).
Philippe Kourilsky
IL MANIFESTO DELL’ALTRUISMO
Codice edizioni, 2012
«Bisognerà lavorare ancora per organizzare una teoria coerente. Ma a cosa serve una teoria? Sarà una delle tante, diranno gli scettici. Una teoria è importante perché cristallizza in un momento preciso un costrutto intellettuale che può servire da punto di riferimento [...] o da bersaglio per le critiche.» (p. 147) Philippe Kourilsky, biologo sensibile ai guasti del mondo, proclama lo stadio d’assedio del primo mondo ad opera dell’ultracapitalismo; lo fa con le sole armi in suo possesso, l’impegno intellettuale e un libro: Il manifesto dell’altruismo.
Maurizio Ferraris
DOVE SEI? Ontologia del telefonino
Bompiani 2005 (II edizione, 2011)
Se fosse vissuto ai giorni nostri, Martin Heidegger, invece che Essere e tempo avrebbe forse scritto Essere e campo? Probabilmente no; ma, a farci la fenomenologia delle trasformazioni del presente, del nesso tra essere ed esser connessi, ci pensa Maurizio Ferraris. Il tempo è scandito dal campo, in mancanza d’esso ci ricordiamo d’esistere, ma entriamo nel panico: siamo isolati, nessuno può più raggiungerci; usciamo dalla galleria e il mondo torna a fluire regolarmente, tra sms amorosi e video- strigliate del capo.
Jean-François Lyotard
LA CONDIZIONE POSTMODERNA:
RAPPORTO SUL SAPERE
(1979, tr. it. 1981) Diciottesima edizione, 2007
«“Postmoderna” [è] l’incredulità nei confronti delle metanarrazioni» (p. 6) nelle quali la cultura occidentale si è contemplata fino alla metà del Novecento, al termine della “ricostruzione” europea. Allo scadere del XIX secolo il profumo della crisi minacciò gli aneliti monopolistici delle grandi narrazioni dominanti – Illuminismo, Idealismo e Marxismo –, smarriti e consunti nella ricerca d’un senso esclusivo della realtà. Le regole dei giochi di scienza, arte e letteratura vennero trasformate da nuove tecnologie influendo sulla natura stessa del sapere. È la fine della modernità, del suo amore per la filosofia della storia; ma è anche un’apertura alla differenza e alla tolleranza dell’incommensurabile. L’instabilità e pluralità del sapere, dei differenti linguaggi che lo caratterizzano, sono il segno distintivo della nostra era, quella che Lyotard battezzò con l’aggettivo – d’origine architettonica – postmoderna.
Slavoj Žižek
BENVENUTI IN TEMPI INTERESSANTI
Ponte alle Grazie, Milano, 2012
Quando Churchill pronunciò la sua celeberrima sentenza: «è stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora», che consacrava l’anelito democratico a reale impegno per l’Occidente postbellico, a Lubiana, il piccolo Žižek cresceva all’ombra dell’acerrimo nemico orientale, il comunismo. Ed è l’Idea di comunismo il soggetto dell’analisi del mondo contemporaneo tentata dal filosofo sloveno; un’idea che non è soluzione, bensì il vero problema da risolvere: quello dello «spazio universale di umanità da cui nessuno dovrebbe essere escluso» (p. 128).
Tony Judt
GUASTO È IL MONDO
Laterza, Roma-Bari, 2011
C’è la crisi. I giornali di tutto il mondo non fanno che ricordarcelo. Dal 2008 i nostri discorsi sfoggiano quel retrogusto di già sentito – come se conoscessimo il loro epilogo ancor prima di pronunciarli: “Domani cinema?” / “No, c’è la crisi” / “Già, è vero”.
C’è la crisi è diventato il nuovo luogo comune della cultura occidentale, la risposta preconfezionata adatta ad ogni situazione. Luogo comune o no qualcosa non va. Ad attanagliare il cosiddetto Occidente è un cortocircuito economico-finanziario che non può non alterare la qualità della vita fino a ridimensionare la nostra stessa quotidianità. Non c’è ambito umano che non abbia accusato il colpo dei recenti attriti della produzione, dei mercati e della circolazione del denaro (eletto ormai ad unico perno dell’impalcatura sociale). Esposti a fenomeni quali l’incremento della disoccupazione, delle iniquità e della disuguaglianza sociale – fino a non molto tempo fa ritenuti facilmente arginabili dai sogni d’opulenza del progresso – ci autodefiniamo portatori tristi di frustrazione, increduli nell’investire su un fosco futuro.
Edgar Morin
LA VIA. PER L'AVVENIRE DELL'UMANITA'.
Raffaello Cortina Editore, 2012
«Ci sono quelli che vorrebbero migliorare gli uomini, e ci sono quelli che pensano che ciò sia possibile solo migliorando prima le loro condizioni di vita. Ma sembra che l’una cosa non vada senza l’altra, e non si sa da dove cominciare.» Dei tredici eserghi che Edgar Morin (Parigi, 1921) elegge a propaganda spirituale della sua Via per l’avvenire dell’umanità è questa frase di André Gide ad esemplificar meglio la personalità del sociologo francese: Morin ha impegnato la sua lunga vita solcando da esperto navigatore le onde della barbarie, per meglio studiarle e per meglio persuaderne la fauna – l’homo sapiens/demens – al vantaggio d’una sobria civilizzazione venata di poesia.