PARTE PRIMA
Personalmente (la storia che segue è una confessione personale), c'è soltanto una cosa del momento Natale che, in quanto ex ancora studente, mi affligge anno per anno sempre più. È una transazione economica, un passaggio di denaro che mi dà da pensare parecchio. No, fate anche bene a pensarci ma la questione non è il consumismo, né il far regali comandati. È più sottile. La disegno perché la verità è che me ne vergogno, ma spero comunque di essere compreso.
INTERVISTA A NICOLA GRANDI
a cura di Giancarlo Cinini
Nicola Grandi è professore di linguistica generale all’Università di Bologna e ha curato il libro La grammatica e l’errore, una raccolta di saggi sulle regole, gli errori e le eccezioni nel linguaggio. A lui abbiamo chiesto di parlarci di errori, come sempre in cinque domande.
Buongiorno professore. Lei è un linguista quindi quante lingue sa?
Ne parlo una e neppure particolarmente bene. Però ne conosco qualcuna in più: so come funzionano, so che suoni usano, come costruiscono le parole o le frasi, ecc. Non sono mai stato molto portato per le lingue straniere, ho una pigrizia di fondo che mi rende difficile studiarle. Non sono neppure un gran viaggiatore, quindi viene meno una delle principali motivazioni allo studio delle lingue. Però sono sempre stato attratto dai meccanismi che stanno dietro al funzionamento delle lingue: di quelli mi occupo e quelli studio.
Frederik Sjöberg
L’ARTE DI COLLEZIONARE MOSCHE
Iperborea, 2016
ISBN 978-88-7091-542-6
Diceva un uomo – ne Il Racconto dell’Isola Sconosciuta di Saramago – che le isole, «anche quelle conosciute, sono sconosciute finché non vi si sbarca». Allora, tra le domande che ci si può fare sbarcando su un’isola, da turisti o esploratori, di certo c’è: quanto è grande l’isola? Misurare il perimetro dell’orizzonte sembra essere la prima azione dell’estraneo che tenta di delimitare l’entità dell’isola e di farsene l’immagine. La domanda sulla grandezza dell’isola è per l’estraneo sempre una domanda sulla comprensione dell’isola. Che le isole possano essere grandi quanto ettari ed ettari di terraferma è per un estraneo abbastanza stupefacente. Ma le isole possono crescere a dismisura: Atlantide, ad esempio, nella carta di Bory de Saint- Vincent è grande più dell’Europa Occidentale (*). Ce n’è invece una piccola al largo di Stoccolma, l’isola di Runmarö, che è l’isola sulla quale ha deciso di stabilirsi Frederik Sjöberg, scrittore ed entomologo. Il suo ultimo libro si intitola L’arte di collezionare mosche e gli ha meritato il premio IgNobel 2016 per la Letteratura «for his autobiographical work about the pleasures of collecting flies that are dead, and flies that are not yet dead». Il libro parla in effetti di mosche vive e morte, ma è anche un’interessante collezione di cose, dove si conservano e si sovrappongono l’autobiografia di un entomologo sedentario (lui), la biografia di un entomologo avventuroso (René Malaise), le storie di altri, la conversazione, la saggistica, il romanzo.
A cura di Nicola Grandi
LA GRAMMATICA E L’ERRORE
BUP, 2015
ISBN: 978-88-7395-982-3
Un altro articolo mi ha casualmente costretto a modificare l’inizio di questo articolo. La verità: non c’era un inizio e il mare magnum di Internet ha buttato a riva un messaggio interessante. Ora, il nuovo sistema operativo di Apple permette di aggiungere stickers alle conversazioni, qualcuno ha calcato la mano e così è uscita GrammarSnob. «Un set di sticker fatto apposta per rimediare gli strafalcioni altrui. La collezione di adesivi – destinata a un pubblico inglese, per ora – mette nelle condizioni di apporre correzioni a biro rossa sopra gli errori della persona con cui si sta chattando: se quel “your” doveva essere uno “you’re” della forma contratta del verbo essere, da oggi c’è la possibilità di intervenire in tempo reale».
INTERVISTA A ANDREA MORO
a cura di Giancarlo Cinini
«Il linguaggio è un labirinto di strade. Vieni da una parte e ti sai orientare; giungi allo stesso punto da un’altra parte, e non ti raccapezzi più»
L. Wittgenstein
Andrea Moro è professore di linguistica generale, direttore del NeTS, IUSS Center for Neurolinguistics and Theoretical Syntax e scrittore. Ha risposto alle nostre cinque domande sul linguaggio e noi lo ringraziamo per la grande disponibilità. Con le sue ricerche si è occupato di sintassi e cervello, con il suo libro, I confini di Babele, ci ha appassionato all’esplorazione di questi labirinti di strade.
Buongiorno professore. Lei è laureato in Lettere. I suoi studi recenti hanno coinvolto il lavoro di neurobiologi e tecniche come il neuroimaging. Che cosa c’è scritto sulla carta d’identità di Andrea Moro?
Andrea Moro
I CONFINI DI BABELE
Bologna, Il Mulino, 2015
pp. 354, € 28,00
ISBN 9788815258014
Se scrivo o se dico «non c’è una sedia» nego che una sedia ci sia. Posso dire «non c’è una sedia in questo articolo», che non ha molto senso. Il punto è che la negazione non è un fatto percettivo: io vedo un tavolo e basta, immagino dovesse esserci una sedia, e dico o penso «non c’è una sedia». Avete mai percepito, l’avete mai vista o sentita la negazione di una sedia? Nel mondo esistono solo fatti, i fatti negativi esistono nel linguaggio. Sì nel linguaggio, ma dove di preciso? Per capirlo meglio bisogna spingersi tra I confini di Babele (seconda edizione, prefazione di Noam Chomsky) del linguista Andrea Moro. Babele è vasta e questo articolo parla di due questioni contenute nel libro ma anche un po’ nella vostra testa: la sintassi e il suono del pensiero.
Carlo Rovelli
SETTE BREVI LEZIONI DI FISICA
Milano: Adelphi, 2014
pp. 88, € 10.00
ISBN 9788845929250
L’universo fisico si fermò. Le armi convergevano su Hladìk, ma gli uomini che stavano per ucciderlo erano immobili. Il braccio del sergente fissava per l’eternità un gesto incompiuto. Su una piastrella del cortile un’ape gettava un’ombra fissa. Il vento era cessato, come in un quadro. (Jorge Luis Borges, Il miracolo segreto)
Una scatola piena di luce è disegnata sulla lavagna di Niels Bohr. Osservi la polvere di gesso che è rimasta sulla superficie, guarda bene: sono miriadi di galassie in un rettangolino di cielo notturno. Oggi è il 5 ottobre 1906 e all'Hotel Ples di Duino, Impero Austriaco, un fisico che si chiama Boltzmann si impicca. Sulla stessa spiaggia di Duino si sta bene a guardare le onde del mare, quasi fossero lo spazio che si curva. Allora ti accendi una sigaretta. Intanto, Albert Einstein è in pianura padana e si gira i pollici mentre il padre installa centrali elettriche. Spero di aver catturato la tua attenzione o quantomeno la tua perplessità. Di certo, il libro di cui parliamo e a cui ognuna di quelle brevi storie si lega, è uno di quelli che l’attenzione la sanno catturare. Da febbraio infatti
non molla il podio dei libri più venduti in Italia. Il nome è parlante: Sette brevi lezioni di fisica, una carrellata di inquadrature che si aprono su alcuni temi cruciali della fisica contemporanea. Conta 85 pagine svelte e lo trovi all'elegante indirizzo Piccola Biblioteca Adelphi 666. L’autore Carlo Rovelli è fisico, uno dei padri della gravità quantistica (adesso prendila per buona, oppure scendi al terzo paragrafo). Scrive per chi «la scienza moderna non la conosce o la conosce poco» (p.11). Io e te siamo quasi sicuramente tra quelli, val la pena dunque ascoltare. « Parlare oscuramente lo sa fare ognuno, ma chiaro pochissimi » diceva Galileo. Aggiungo: alle volte quando la chiarezza è tanta, diventa luminosa. E talvolta si ha l’impressione di essere illuminati dalla disarmante semplicità con cui alcuni dei concetti più ardui (e anche contesi) sono mostrati.
John Von Neumann
COMPUTER E CERVELLO
Milano, Il Saggiatore, 2014
pp. 140, € 14.00
ISBN 9788842819660
di Giancarlo Cinini
ill. di Alessandro Spedicato
«Is this testing whether I'm a Replicant or a lesbian, Mr. Deckard?»
(Blade Runner, 1982)
Marzo 1956, John Von Neumann è seduto su una sedia a rotelle. Le sue condizioni peggiorano, non potrà viaggiare da Washington a New Heaven, tra un mese sarà ricoverato, resterà in ospedale per undici mesi, gli porteranno il manoscritto incompiuto, tenterà di continuarlo, finché l’otto febbraio del 1957 morirà. Ma nel frattempo è seduto su una sedia a rotelle e pensa a questo manoscritto. L’università di Yale l’ha invitato a tenere le prestigiose Lezioni Silliman per la sessione primaverile. L’argomento scelto: Computer e Cervello. Von Neumann ci lavora pressappoco dall’autunno dell’anno precedente, mentre un tumore gli consuma le ossa. Ma è da parecchio tempo – racconta la moglie Klara – che si interessa a questa sfida. Il suo modo di procedere somiglia infatti a quello di un’intensa e silenziosa meditazione sulle cose, durante la quale la mente, pienamente assorta, indaga la questione e architetta il problema. Soltanto in un secondo momento e con precisa spontaneità arriva, quasi per illuminazione, al lavoro trascritto. «Qualunque fosse il problema – descrive lo storico della scienza Steve Heims (John Von Neumann and Norbert Wiener: From Mathematics to the Technologies of Life and Death, 1980, p. 126) – lo scienziato cominciava raccogliendo e organizzando nella sua mente la moltitudine di elementi necessari, così comprendendo nel profondo le loro relazioni strutturali, prima di scrivere o persino di parlarne». Ed è proprio così che assistiamo al dispiegarsi delle idee in questo manoscritto, incompleto ma giunto alla terza edizione, forse per il suo carattere profetico.
Patricia S. Churchland
L'IO COME CERVELLO
Milano, Raffaello Cortina Editore, 2014
pp. 307, € 28.00
ISBN 9788860306722
ill. Alessandro Spedicato
« Wilson stood up and saw the buffalo on his side (...). “Hell of a good bull,” his brain registered automatically» (Ernest Hemingway, The Short Happy Life of Francis Macomber).
Eccovi. Una sfera parte dall’ultimo quarto di un campo d’erba, con traiettoria parabolica. Le vostre orecchie percepiscono migliaia di voci confuse. Sudate molto ma ve ne accorgete solo ora che siete fermi. Molte persone si muovono attorno a voi, a distanze diverse e seguendo traiettorie apparentemente non chiare. La sfera rimbalza e mentre studiate tutto, correte, correte a 25 chilometri orari finché un uomo che riconoscete come amico per i colori della maglia non vi lancia la sfera. Dovrebbe cadere a qualche metro di distanza proprio sul vostro piede e voi questo lo sapete. Toccate la palla e avanzate, osservate, sollevate la gamba destra e la portate indietro, spostate le braccia e il baricentro del corpo intero, non cadete, scagliate la gamba in avanti, guardate lo spazio immaginario sotto il palo e la traversa bianca. Sferzate la palla con il collo del piede e intensità misurabile. Tutti trattengono il fiato.